L'autobiografia di Lionel Terray torna d'attualità grazie alla collaborazione tra la Casa editrice milanese e il Club Alpino Italiano
di Stefano Gatti© CAI Ufficio Stampa
Oltre che un vero e proprio manifesto della letteratura di alpinismo, “I conquistatori dell’inutile” (l’autobiografia di Lionel Terray) è una pietra miliare di uno sport che va ben oltre questa dimensione ed è anche avventura, esplorazione e filosofia di vita. Fino a guadagnarsi, metro dopo metro (tiro dopo tiro viene da dire) un ruolo chiave nel passaggio tra l’alpinismo della conquista e quello moderno, dopo aver tirato le somme di quello eroico dei primi decenni del Ventesimo Secolo. L'autobiografia di Lionel Terray (lui invece un anti-eroe) è insomma un compendio di cinquant’anni e più di storia, che riceve ora un ulteriore riconoscimento e visibilità (una vera e propria "riconquista") dalla nuova edizione dei "Conquistatori" uscita venerdì 8 novembre per la collana “Stelle alpine” coedita da Ulrico Hoepli Editore e Club Alpino Italiano. Un grande classico della letteratura di montagna che non può mancare nelle librerie degli appassionati di alpinismo e negli scaffali delle sedi locali del Club stesso.
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Dalle Alpi all’Annapurna, dalla Patagonia all’Alaska, per poi tornare sulle montagne più alte del pianeta e concludere nel 1964 (all'età di soli quarantatré anni e solo tre dopo l’uscita della propria autobiografia) la sua parabola terrena a causa di un incidente su un parete di roccia vicino a Grenoble, la città della quale era originario. Oltre che una delle prime Guide Alpine di Chamonix, Lionel Terray è stato una delle figure emblematiche dell’alpinismo del secolo scorso e al tempo stesso uno dei suoi primi e veramente efficaci divulgatori. Quando l'inutile, - viene da dire - assume una sua particolare valenza sociale, di spinta in avanti. Le sue conferenze erano affollatissime, le pellicole che lo vedevano protagonista (sia documentari sia a soggetto) vinsero le prime edizioni del prestigioso Festival di Trento.
Pubblicato per la prima volta in Francia sessantatré anni fa (nel 1961) dall'editore parigino Gallimard, il libro incontrò fin da subito il favore del pubblico, riscuotendo immediato successo grazie alla fama internazionale del suo autore e alla qualità letteraria di quelle pagine sofferte, sincere e originali. “I conquistatori dell’inutile” (titolo indovinato e quasi programmatico di un intero sport e del suo senso-non-senso) è l'autobiografia antieroica di un “campione” dell'alpinismo francese del Secondo Dopoguerra, capace di farsi valere sulle Alpi come in Asia e nelle Americhe. Grazie alla sua classe innata, alle sue doti tecniche e appunto alla sua abilità come divulgatore e - oggi si direbbe - storyteller. All’immediatezza e alla freschezza della sua narrazione: scritta e orale.
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Già ben affermato e autorevole sulle Alpi, negli anni Cinquanta Terray aveva preso parte a tutte le più importanti spedizioni extraeuropee, diventando una delle stelle di prima grandezza dell’alpinismo delle altissime quote, nel momento in cui queste ultime iniziavano a essere viste con occhi nuovi ed entusiastici, e i volti degli scalatori apparivano per la prima volta sulle copertine dei settimanali di grande tiratura. La corsa agli Ottomila aveva ormai superato la fase della scoperta e viveva quella della conquista da parte delle grandi spedizioni nazionali di impostazione (per forze di cose, viene da dire) molto spesso di carattere campale e militare.
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Gli inglesi sull’Everest naturalmente (1953), gli italiani sul K2 (1954), gli svizzeri sul Lhotse nel 1956, l’austriaco Hermann Buhl nel 1953 (poco più di un mese dopo l’Everest di Ednund Hillary e Tenzing Norgay) sul Nanga Parbat, lo Schicksalberg (la montagna del destino) dei tedeschi, lo Shisha Pangma dei cinesi (1964), il più “basso” degli ottomila ma l’ultimo ad essere salito fino alla vetta e l'unico fuori dagli anni Cinquanta. Prima di tutti però l’Annapurna (a proposito di “grandeur” patriottica) dei francesi e più precisamente gli 8091 metri dello Annapurna I, decima vetta del pianeta, raggiunta sabato 3 giugno del 1950 da Maurice Herzog e Louis Lachenal, team di punta di una spedizione della quale facevano parte (oltre a Lionel Terray) gli altri alpinisti Gaston Rébuffat e Jean Couzy, il medico Jacques Oudot, Marcel Ichac e Pierre Allain. Un successo che alcuni dei suoi artefici pagarono a carissimo prezzo, con conseguenze fisiche temporanee e permanenti sotto forma di danni alla vista, congelamenti e amputazioni.
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Il clima culturale dell'epoca fuoriesce vivido dalle pagine di un'autobiografia dal titolo provocatorio e allo stesso tempo elegiaco: in ogni caso azzeccatissimo e perennemente attuale, con un’efficacia trasversale a tempi, mode, tecniche. Conquistare l'inutile è l'apparente dichiarazione di un fallimento, ma in realtà nasconde il gesto nobile di un agire gratuito, lontano dalle logiche quotidiane. Solo grazie a quell'inutile si può mettere a rischio la vita, si possono affrontare fatiche immani, si può arrivare al limite, per toccare una cima.
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“Quei tipi un po' bohémien dall'aria ispirata come Lionel Terray non sono matti che mettono in gioco la loro vita per il solo gusto del rischio. Sono uomini che fanno sognare”, si legge nella prefazione firmata dallo scrittore e giornalista Marco Albino Ferrari, direttore della collana "Stelle Alpine" che conta ora quindici titoli e autori del calibro di Ettore Castiglioni, Fosco Maraini. Kuyrt Diemberger, Edmondo De Amicis
"I conquistatori dell'inutile. Dalle Alpi all'Annapurna" (276 pagine, formato 15x23 cm, traduzione di Andrea Gobetti) è disponibile a un prezzo di 27,90 euro in libreria e sullo store online del Club Alpino Italiano (store.cai.it)
LIONEL TERRAY
Nasce a Grenoble nel 1921 da una famiglia colta e agiata. Ben presto abbandona gli studi e si dedica allo sci agonistico, raggiungendo importanti risultati. Dopo la Seconda Guerra Mondiale (che lo aveva visto impegnato nella causa della Resistenza) entra a far parte della prestigiosa Compagnia delle Guide di Chamonix e inizia a condurre clienti su itinerari di estrema difficoltà della catena alpina. Legandosi in cordata con compagni d'eccezione come Gaston Rébuffat e Louis Lachenal, Terray mette a segno alcune imprese che fanno epoca, come la seconda salita della Nord dell'Eiger. Nel 1950 prende parte alla spedizione francese all'Annapurna, il primo ottomila ad essere scalato. Poi è la volta del Fitz Roy in Patagonia, del Makalu e dello Jannu che Lionel salirà nel 1962, l'anno dopo l'uscita dei “Conquistatori”. Nel 1964 sarà in Alaska, sul Monte Huntington. Morirà il 23 settembre dell'anno dopo insieme alla giovane guida Marc Martinetti, durante una scalata su roccia vicino a Grenoble.