Racconti senza tempo, il calcio di squadra e campetti polverosi splendidi giochi simili a fiabe
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Le regole del calcio – tutti gli appassionati lo sanno – sono diciassette, alle quali vanno aggiunte alcune disposizioni non numerate. Secondo qualche arbitro esiste anche la regola numero diciotto, che è quella del buon senso. Licenza poetica che si può concedere se porta risultati positivi all’interno di una partita complicata. Poi ci sono le interpretazioni, che possono essere molteplici e che in Italia sembrano costituire la vera essenza del calcio e il sale di tutte le trasmissioni televisive che utilizzano moviola e moviolisti, var e varisti. La vera essenza del calcio è però quello giocato lontano dagli stadi, il calcio da strada. Stefano Benni l’aveva ribattezzato pallastrada, ma in Italia il calcio è sacro e anche quello che si gioca con mezzi di fortuna deve avere lo stesso nome. Non bestemmiamo.
La differenza tra il calcio di pochi e il calcio di tutti è molto ben presente nella testa dei boomer più che in quella dell’ultima generazione. Per molteplici ragioni (troppe automobili, troppi impegni scolastici, troppi pericoli nella strada), si è persa l’abitudine di darsi appuntamento nel parcheggio sotto casa, di fare bim-bum-bam per scegliere i compagni di squadra, di inventarsi delle porte immaginarie fatte appoggiando per terra i giubbotti. E la traversa? Se il portiere ci arriva con le mani è gol, altrimenti è alto. In quanti si gioca? Quelli che ci sono. Praticamente mai 11 contro 11, più facile un 5 contro 6 soprattutto se tra i 5 c’è quello più bravo di tutti. “Ultimo in porta” è l’urlo immediato quando le due squadre, quasi sempre vergognosamente eterogenee, vengono composte.
“Tre corner, rigore” è un piccolo e gustoso libro scritto da Mauro De Cesare, che racconta alle giovani generazioni ammaliate allo showbusiness del calcio e dalla staticità della playstation, come ci si divertiva negli anni ’60, quando al posto del telefonino c’era un citofono da suonare per far scendere gli amici, quando le mamme proibivano l’uscita per qualche 5 in pagella preso a scuola, quando faceva buio uscivano a urlare di tornare a casa. E allora era “ancora un minuto, chi segna vince” anche se il risultato era sul 10-0 per una delle due squadre. Poi c’era l’inevitabile lamentela materna per il fango sui pantaloni e per i buchi nelle scarpe, che andavano sostituite al più presto.
Ogni generazione ha un suo modo di essere felice, anche se di solito non se ne rende conto. Lo capisce dopo, quando osserva quella successiva. La generazione nata negli anni ’50 e ’60, in gran parte, si divertiva così, con un pallone di gomma ovalizzato dall’uso, con le porte immaginarie, con i campi di cemento e di sassi, con le ginocchia sbucciate e 50 lire in tasca per comprarsi un ghiacciolo. Senza retropensieri.
AUTORE: Mauro De Cesare
TITOLO: “Tre corner, rigore”. Racconti senza tempo, il calcio di squadra e campetti polverosi splendidi giochi simili a fiabe
PAGINE: 95
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