Il racconto dello stadio più iconico d'Italia il cui destino incerto riflette quello del calcio di oggi. Prefazione di Ligabue
È in libreria 'C’era una volta a San Siro' (Piemme edizioni). Un libro di Gianfelice Facchetti che racconta lo stadio più iconico d’Italia il cui destino è incerto un po’ come quello del calcio di oggi minacciato dalla pandemia e dai conti in rosso. L’autore ha diversi meriti a partire dal tempismo. Perché il futuro di San Siro è un tema attuale e decisivo per il rilancio della città e forse anche del calcio italiano. Perché ci ricorda cosa voleva dire andare e respirare l’aria di uno stadio. Perché ci conferma che davvero il calcio è lo sport più semplice e più bello del mondo. In 206 pagine si racconta di campioni memorabili, notti al cardiopalma, gol entrati nella storia, clamorosi trionfi e tragiche sconfitte ma non si parla solo di pallone. Lo dimostra la prefazione a firma di Luciano Ligabue. Perché San Siro è anche un pezzo della storia della musica con i suoi concerti storici a partire da quel 27 giugno 1980 quando ci fu l’esibizione di Bob Marley.
Ma che impressione fa a Gianfelice Facchetti la Scala del Calcio completamente deserta?
Vivere il calcio solo in tv e non poter andare allo stadio, non poter andare San Siro, stride con la mia storia personale, con quella della città e con quella di tutti i tifosi, non solo quelli milanesi. La mia impressione è che quelle tribune ci stiano aspettando per tornare a celebrare anche i ricordi di quello che è stato.
Cosa rappresenta San Siro per Lei?
Lo stadio è la mia seconda casa ma è anche stata un percorso di iniziazione. Da piccolo con papà andavo solo alla Pinetina, poi ho iniziato a frequentare San Siro ma per gradi. Le grandi partite come Inter-Juve sono arrivate dopo quando ero già un po’ cresciuto, poi è stata la volta delle partite in notturna. Una scoperta continua.
Dal libro emerge il fortissimo legame tra Milano e il suo stadio…
San Siro è un simbolo della città. Ha una straordinaria unicità perché è lo stadio di due squadre. Questa coabitazione non è paragonabile con nessun’altra realtà calcistica. Nel corso degli anni si sono verificate possibilità per Milan e Inter di avere un proprio stadio. Ma i due club hanno scelto sempre di rimanere insieme. E probabilmente sarà così anche in futuro. E questa continuità ha sicuramente un valore inestimabile.
Il libro esce mentre è in corso un acceso dibattito sul futuro dello stadio di Milano…
Al di là dei ricordi e dell’amarcord spero che il libro possa dare un contributo anche per aprire un dibattito sul futuro. Decisioni forzate, prese da pochi, come dimostra il caso della Super League rischiano di creare effetti imprevedibili e disastrosi. San Siro appartiene a tutti. Non possono decidere solo i club o il sindaco. Bisogna coinvolgere i tifosi, i milanesi, il quartiere.
Che futuro prevede?
Sarebbe bello che se San Siro non fosse più utilizzato da Inter e Milan potesse diventare una specie di Stade de France (lo stadio di Parigi dove gioca solo la Nazionale francese n.d.r). Del resto a Milano ha giocato la sua prima partita la nostra Nazionale e a Milano gli Azzurri non hanno mai perso. Sarebbe una soluzione che garantirebbe ancora un senso e un futuro a San Siro.
Torniamo al libro e ai suoi ben 37 capitoli…
Lo stadio di Milano è una fonte inesauribile di storie. Molte le ho scritte ma molte altre avrei potuto aggiungerle e ogni tifoso ne avrebbe di altre e diverse. In un capitolo racconto, ad esempio, quando ho conosciuto “la legge di San Siro”. Quella che dice che non bisogna mai lasciare lo stadio prima del fischio finale. Non so perché quella domenica mio papà decise di uscire prima del 90°. L’Inter vinceva 2-0 contro il Napoli. Il tempo di arrivare alla macchina e accendere la radio e il risultato era 2-2. Era il giorno che morì Beppe Viola che proprio su quella partita fece il suo ultimo servizio.
Più un libro di ricordi di calcio o di storia del calcio?
Ho cercato di mischiare piani diversi. Saltando da uno all’altro. Ho cercato di allargare l’inquadratura rispetto ai ricordi. Parlando poco da tifoso ma spiegando come San Siro sia un contenitore universale. Perché non appartiene solo ai tifosi di Inter e Milan ma a tutti gli appassionati. Dai tifosi del Toro, perché qui giocò la sua ultima partita il Grande Torino prima della tragedia di Superga, ai tifosi del Cagliari perché qui Gigi Riva segnò gol storici. Ma San Siro appartiene anche ai grandi campioni che qui si sono esibiti, da Maradona a Totti passando per Roby Baggio.