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Giornalista e conduttore televisivo, ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca
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Ancora un lutto nel mondo del giornalismo e della cultura italiana. E' morto, all'età di 84 anni, Gianni Minà, cronista e conduttore televisivo di grande successo, nonché scrittore, editore e regista di alcuni film documentari su Che Guevara, Muhammad Ali, Fidel Castro, Rigoberta Menchú, Silvia Baraldini, il subcomandante Marcos e Diego Armando Maradona, cui lo legava una bella amicizia. La notizia è stata data attraverso le sue pagine social, in particolare sul profilo facebook, dove è stato indicato che il giornalista e conduttore televisivo è deceduto dopo una breve malattia cardiaca.
"Non è stato mai lasciato solo - continua il post -, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al Prof. Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità", è scritto nel post accompagnato da una bella foto, che lo ritrae sorridente alla scrivania con i giornali davanti.
Minà è stato indubbiamente un gigante del giornalismo. Poliedrico, empatico, attento, ha saputo spaziare nel mondo dell'informazione dallo sport alla musica, passando per il cinema e lavorando per quotidiani, settimanali e la tv in Rai, per cui ha realizzato centinaia di reportage, ideato e realizzato programmi sempre attratto fatalmente dall'America Latina, suo enorme amore. Tra il 2000 e il 2015 è stato editore e direttore della rivista letteraria "Latinoamerica e tutti i sud del mondo" e della collana di Sperling & Kupfer "Continente desaparecido", dedicata a realtà e autori latinoamericani. Ha pubblicato numerosi libri sull'America Latina. Nel 2007 ha ricevuto il Premio Kamera della Berlinale per la carriera, il più prestigioso premio al mondo per documentaristi.
Torinese di nascita, cominciò la sua carriera giornalistica a Tuttosport, quotidiano di cui fu poi direttore dal 1996 al 1998. L'esordio in Rai risale al 1960, in occasione delle Olimpiadi di Roma. Ha seguito otto mondiali di calcio e sette Olimpiadi, oltre a decine di campionati mondiali di pugilato, fra cui quelli storici dell'epoca di Muhammad Ali.
La sua grande passione resterà però per tutta la vita il Sudamerica. Nel 1987 intervistò una prima volta per 16 ore il presidente cubano Fidel Castro, in un documentario dal quale è stato tratto un libro pubblicato in tutto il mondo. Nel 2001 Minà realizzò "Maradona: non sarò mai un uomo comune", un reportage-confessione di 70 minuti con Diego Maradona alla fine dell'anno più sofferto per la vita dell'ex calciatore.
Nel 2004 ha realizzato un progetto inseguito per undici anni e basato sui diari giovanili di Ernesto Guevara e del suo amico Alberto Granado quando, nel 1952, attraversarono in motocicletta l'America Latina, partendo dall'Argentina e proseguendo per il sud del Cile, il deserto di Atacama, le miniere di Chuquicamata, l'Amazzonia peruviana, la Colombia e il Venezuela. Dopo aver collaborato alla costruzione del film tratto da questa avventura e intitolato "I diari della motocicletta", diretto da Walter Salles e prodotto da Robert Redford e Michael Nozik, Minà ha realizzato il lungometraggio In viaggio con Che Guevara, ripercorrendo con l'ottantenne Alberto Granado quell'avventura mitica.
Le sue produzioni sono molteplici, quasi tutte di grande successo ed enorme impatto, certamente parte della storia del giornalismo. Con la sua morte, la cultura italiana perde un altro grande personaggio. Nel 2020 la sua ultima fatica, con il libro autobiografico "Storia di un boxeur latino", edito da Minimun fax.